Nell’ultimo decennio la maggior parte degli esseri umani si è trasferita in un nuovo Continente: Internet! Grandi e piccoli, ormai, nella stragrande maggioranza dei casi trascorrono ore, per non dire giornate intere, sul web, soprattutto whatsapp e social vari.
Naturalmente il “mondo virtuale” ha anche i suoi aspetti positivi e mezzi che diventano strumenti di bene. Non mi interessa approfondire questo aspetto, già tanti esperti si dedicano a ciò, così come ai tanti lati negativi.
Mi piacerebbe, invece, riflettere insieme con voi che cercate di seguire Gesù, e conoscerLo sempre meglio, su di un aspetto che coinvolge la nostra Salvezza: il Paradiso. È piuttosto inutile perderci in chiacchiere, per un cristiano – cioè per un seguace di Cristo – la Salvezza è tutto, e deve essere tutto, l’unica cosa che conta. Altrimenti la nostra vita sarebbe soltanto un grande bluff. La Salvezza inizia qui, da questo percorso terreno. Un viaggio che vissuto in un certo modo porta frutti concreti per il bene di tutti, ma che non avrebbe senso se non si desiderasse il Paradiso. Se non si vivesse con la testa un po’ più in là. Perché un cristiano che non desidera l’Eternità in realtà non crede.
Tutti i santi ad un certo punto della loro vita sono stati investiti dal desiderio di incontrare l’amato, Gesù. E ci hanno insegnato a stare attenti a non cadere in quella trappola di voler cambiare a tutti i costi il mondo, tanto da innamorarcene e rimanere, così, legati per sempre alla terra, alle sue cose, dando forma, e volto, ad un idolo falso che ci imprigiona fingendo di donarci la felicità. L’Eternità è un’altra cosa: è Gesù! Nient’altro.
Stare con Lui, lasciarci plasmare da Lui e assomigliarGli ci permette di avere, già mentre viviamo quaggiù, un piede nell’Eternità. Solo Dio è per sempre!
Da un po’ di tempo, però, i cattolici si stanno intrappolando in una fitta ragnatela capace di far correre il rischio di bruciare il cammino spirituale fatto finora. Se la Vita Eterna è Gesù, se la santità è Gesù allora dobbiamo stare con Gesù e ascoltare il vero Gesù! Il resto deve andare in secondo piano.
Se desidero conoscere meglio una persona, scelgo di passare del tempo con lei per ascoltarla, per capirla, conoscerla, prendermene cura e farmi accudire a mia volta. Ma, per fare questo, devo scegliere di donare del tempo a quella persona decidendo di non fare altre cose e non stare con altre persone: non possiamo fare tutto! Ogni scelta è una rinuncia, figuriamoci una scelta come quella del cattolicesimo. Che è un percorso serio, per forti, per eroi, per miti!
Quando a pranzo decidiamo di mangiare un piatto di spaghetti, stiamo decidendo di non mangiare una lasagna. Se andiamo in spiaggia, stiamo decidendo di non andare in montagna. Ogni giorno prendiamo tante decisioni senza nemmeno accorgercene. Ebbene, se decido che il mio obiettivo è Gesù, allora devo stare con Lui. Trovare del tempo, e in uno spazio di 24 ore sicuramente potrò trovarlo se lo amo veramente. Quindi, ad un certo punto della giornata, sempre se Lo amo realmente, e sempre se non mi sto prendendo gioco di Lui e degli altri, devo necessariamente appartarmi e rimanere da solo con Dio.
Ma Lui dov’è? Se devo stare con Lui devo sapere anche dove si trova, giusto?! Non vorrei deludervi, ma oggi vorrei dire, piuttosto, dove Lui non è.
Uno degli strumenti più usati dagli esseri umani grandi e piccoli e anche da tanti cattolici, e quindi da tanti membri delle comunità parrocchiali, è il cellulare. Purtroppo, oggi, il cellulare non è più soltanto uno strumento, ma è diventato un luogo, anzi il luogo per eccellenza. Quel posto dove le persone sono convinte di dialogare con determinate persone che forse non ascolteranno mai. Il luogo dove si parla di tutto. Dove si parla di e con Gesù, ma dove Lui non c’è. Ognuno è convinto che ciò che scrive, o dice, verrà ascoltato da quella determinata persona, che, invece, probabilmente non si accorgerà nemmeno di quelle parole.
Il cellulare è argomento della tua confessione con un sacerdote? Verifico se oggi lo sto usando come strumento di dannazione Eterna? Do testimonianza, non solo di santità nell’uso del cellulare, ma anche di intelligenza? O emerge solo la mia stupidità, cattiveria, ignoranza?
Ormai si è diffusa quella prassi per cui, giusto per fare un esempio tra tanti, durante la memoria di un santo, si copia la frase più famosa attribuita al santo in questione e la si pubblica solo per colpire qualcuno. E magari neanche si verifica se quel santo l’ha realmente pronunciata. Se lèggessimo davvero la storia dei santi, non ci metteremo a perdere tempo dietro queste sciocchezze. E non lo faremmo perché ci renderemo conto di tutto quello che hanno sofferto nella loro vita. Non sprecheremo tempo inutilmente.
Desidero fare altri esempi concreti, per quanto possano sembrare banali, per accompagnarvi in questa riflessione, come un amico. D’altronde anche Dio faceva così con Mosè, parlava con lui faccia a faccia, come un uomo fa con l’amico caro.
Se sono ateo, e quindi credo che tutto finisca con la morte, perché pubblico una frase per un defunto se quest’ultimo è morto e non può assolutamente leggerla? Non coltivo un profondo dialogo con mio marito, mia moglie, i miei figli, e poi scrivo loro gli auguri sui social, quando invece glieli potrei fare da vicino? Perché creare uno stato WhatsApp sul quale scrivere delle frasi a Gesù, se poi con Gesù non ci sto mai? Anche Gesù ha WhatsApp? Se dico di essere una persona buona perché pubblico cattiverie? Perché giocare a fare la morale e i maestri sui social? Perché mandare le famose “frecciatine” e non rivolgersi direttamente alla persona con la quale si è avuto un problema e dialogare cristianamente e con Carità? Perché scrivere frasi ad un bambino se quel bambino non sa leggere e non le leggerà mai?
Credo che d’ora in avanti dovremmo rispondere ad una domanda quando usiamo il cellulare: qual è il vero motivo per cui sto pubblicando questa frase o quella foto?
Ognuno deve dire la verità su se stesso. Togliamoci ogni maschera, una volta per tutte. Se vogliamo evangelizzare il web facciamolo realmente. Decidiamo se essere amici di Dio o amici di Satana! È tutta qua la scelta.
San Benedetto, infatti, raccomandava caldamente di custodire il silenzio, e quindi la propria lingua e interiorità. Che significa? Parlare solo per dire cose buone, parlare poco e appropriatamente e non dire sciocchezze. Questo porta, inevitabilmente, a dialogare meglio e ad utilizzare anche il web in maniera differente. Si impara ad ascoltarsi e a rivolgersi gli uni agli altri con umiltà e prudenza.
All’inizio parlavo della trappola di voler tanto cambiare il mondo da innamorarcene. È un passaggio fondamentale. Perché oggi, è indispensabile capire l’urgenza di andare controcorrente, e, qualche volta, scappare da questo mondo per vivere la libertà della Verità, per abbattere gli idoli che hanno occupato aree più o meno vaste della nostra mente e del nostro cuore e per avere una vita autentica. E pienamente felice perché radicata in Cristo. Come diceva, ancora, san Benedetto.
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