Mi è sempre piaciuto durante l’inverno, con l’arrivo del freddo, pregare in riva al mare. Per molti anni, in alcuni momenti della settimana, d’inverno scappavo dove ci fosse il mare per passeggiare sulle lunghe spiagge pregando e gridando a Dio dal profondo del mio cuore.
Quando ero in seminario – il luogo in cui ci si forma per diventare sacerdote -, in un momento di scoraggiamento, proprio durante il periodo di Avvento, ricordo che andai ad incontrare Dio là dove Cielo e mare sembrano congiungersi e il tempo viene squarciato dal soprannaturale: proprio come 2000 anni fa, quando Dio entrò nella storia rompendo il velo di separazione del tempo e trasformando la nostra storia in un incontro d’amore con l’uomo.
Ricordo di essere molto addolorato. Non riuscivo più a capire se Dio veramente mi stesse chiamando al sacerdozio. Non sentivo più la Sua presenza, entrai in un immenso deserto e sembrava avessi smarrito tutte le motivazioni sulla mia vocazione. Ricordo che camminai per ore su quella spiaggia. Il vento gelido che mi tagliava il viso, gridavo, gridavo a squarciagola: “Dove sei Dio mio?; Cosa vuoi da me?; Chi sono io per te?”
Tra le lacrime e la preghiera incessante, ad un certo punto, sulla sabbia trovai una grande croce di legno. Era fatta di tavoli per i ponteggi che usano gli operai: inchiodati tra di loro, stesi sulla sabbia, formavano una croce molto grande. Percepii la croce come un segno della presenza di Dio che mi diceva: “io ti amo, sono qui e non ti ho abbandonato. Ti ho scelto, tu sei mio, mi appartieni!”
Crollai sulle mie ginocchia. Cominciai a piangere di gioia. Ricordo di avere tra le mani il Vangelo. Lo aprii a caso, cosa che di solito non faccio. I miei occhi caddero sui versetti che dicevano: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9, 23).
Piangevo e pregavo. Dissi al Signore di aver capito e che lo avrei seguito. Ma proprio in quel momento mi raggiunse la Sua voce nel mio cuore che mi ripeteva: “Forse non hai capito. Tu sei lì, guardi la croce e preghi. Ma io ti sto chiedendo una cosa completamente diversa. Stenditi su questa croce, apri le tue braccia su di essa: è qui che ti voglio, voglio te su questa croce, l’ho preparata per te”. Ricordo che era perfettamente della mia altezza, mi calzava a pennello. Sembrava che il falegname Divino l’avesse fatta proprio per me, chiedendomi di seguirLo in un totale amore passionale.
Ti ricordi, amico mio, quando ti raccontai per la prima volta questo evento? Ti starai chiedendo come mai te lo rammento proprio adesso. Non siamo in Quaresima, ma in Avvento. Sì, amico, te lo racconto adesso per ricordarti che quel bambino Gesù, dal giorno della Sua nascita, è stato sempre perseguitato. Già dall’inizio non c’è stato spazio per Lui. Ecco perché è nato in una mangiatoia, tra gli escrementi degli animali. Maria e Giuseppe non trovarono nessun alloggio. Poi la fuga in Egitto, Erode che era a caccia di tanti bambini per poter uccidere Lui, e così, per tutta la Sua vita, tanti complotteranno per ucciderLo fino a farlo davvero.
Non è questa la storia di una croce? Una croce già presente nella Sua nascita!
E ancora oggi vuole nascere nella mangiatoia del cuore di ogni uomo che a volte sa essere così sporco, ma tante altre volte sa toccare le vette della santità.
Caro amico, dobbiamo prepararci ogni giorno ad accogliere veramente Gesù. Non possiamo più scherzare e perdere tempo, perché questo è il nostro tempo. Quello in cui Dio vuole entrare nella nostra storia personale. Ti chiedo, in questi giorni che ci separano dalla terza Domenica di Avvento, di fare una semplice preghiera: invocare il suo nome, Gesù, Gesù, Gesù…
Questo nome diventi la nostra preghiera semplice, diventi il nostro respiro. Facciamo diventare Lui il nostro respiro e noi il Suo respiro affinché il Suo nome possa riempire tutto il nostro essere fino al punto di poter dire insieme con San Paolo: “non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”.
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