La mancanza di dialogo porta inevitabilmente alla rottura di ogni forma di relazione. L’essere umano è l’unico essere vivente a vivere di relazione. L’uomo senza relazione è morto interiormente, psicologicamente e, a volte, anche fisicamente.
Il dialogo è vita!
Quanti matrimoni e amicizie marciscono e si sgretolano per mancanza di dialogo. Chi non dialoga è come un uomo nel bel mezzo dell’oceano incapace di riconoscere la direzione verso la terraferma.
In questo momento, attraverso la scrittura io sto dialogando con te e cosa sta avvenendo? Mi sto consegnando a te. E tu mi stai conoscendo perché attraverso questo dialogo puoi capire la mia personalità, i miei desideri, i miei sentimenti, i miei ragionamenti. Parte di me è messa nelle tue mani. Quasi come se tu mi stessi mangiando. Nel senso più bello e profondo dell’espressione io divento cibo per te.
Il dialogo, quello onesto e sincero tra due persone capaci di far coincidere pensiero e parola, tira fuori dalla trappola di chi non sa guardarsi dentro e dice cose che non pensa, o parla per luoghi comuni, frasi ascoltate da terzi.
Se cerco di essere sincero, e dialogo, le parole dell’altro possono aiutarmi, mi fanno da specchio e sono capaci di mostrarmi ciò che non riesco a vedere a causa di ferite, limiti e fragilità.
Viviamo in un momento storico in cui si parla e si scrive molto. Sembrerebbe un mondo in dialogo, ma quante parole vengono dette per ferire, per egoismo, per sola ideologia. Chi veramente ha desiderio di consegnarsi attraverso la parola?
Chi dialoga è vivo!
Il morto, infatti, non parla e quindi non dialoga. La morte è assenza, mentre la vita è presenza. A differenza degli animali l’essere umano è l’unico essere vivente che può descriversi, può cantare il suo amore, può scrivere la sua sofferenza. È l’unico essere vivente che può lasciare traccia del pensiero, delle scoperte, di quel che organizza e consegnare ai suoi simili ogni cosa affinché altri possano trarne vantaggio.
L’essere umano è l’unico che può mettere su carta le proprie riflessioni scrivendole. Siamo capaci di fare storia, una storia pensata, riflettuta e grazie a questa abbiamo la possibilità di non ripetere gli stessi errori.
Il dialogo ti riconsegna te stesso. Ti aiuta a capire chi sei, cosa vuoi, come vuoi vivere e chi vuoi essere in questa meravigliosa avventura che si chiama vita.
Il dialogo, la parola e la scrittura ti fanno decidere se vuoi vivere in modo banale e superficiale, oppure impreziosire l’esistenza con la tua presenza, i tuoi doni, la tua personalità, la tua specificità. Il dialogo regala una scoperta incredibile: ognuno di noi è unico e irripetibile!
Nessun cantante canta come un altro, nessun poeta assomiglia ad un altro, nessun attore recita come qualcuno che è già passato. Nessuna voce è uguale ad un’altra, non c’è impronta digitale sovrapponibile con altre né volto veramente uguale all’altro. Persino il tuo mondo interiore non può essere uguale a quello di un altro.
Il dialogo rompe la monotonia, rompe l’egoismo e soprattutto ti fa uscire da te stesso in un esodo verso il prossimo.
È possibile che il malessere di questo XXI secolo sia la conseguenza di un falso dialogo, di una valanga di parole e fiumi di suoni che sono la conseguenza di un disordine interiore di esseri umani che hanno fatto la scelta di essere un arcipelago anziché un continente? Siamo diventati delle isole che fanno tanto rumore, ma incapaci di connetterci gli uni agli altri.
Quand’è che i figli non sanno dialogare tra di loro, non sanno esporsi e andare in profondità? Quando interrompono la relazione con i propri genitori.
Può essere che questo smarrimento attuale dell’essere umano è la conseguenza dell’interruzione del dialogo con Dio?
Può essere che si è spezzato l’anello di congiunzione tra noi e il nostro vero genitore, quello con la ‘G’ maiuscola: Dio?
Come mai quanti vivono da soli in monasteri o eremi lontani dalla città, non sono così superficiali tristi depressi e instabili? Eppure sono soli, vivono quasi dell’assenza completa di dialogo e relazioni umane. Semplicemente perché dialogano costantemente con l’essere supremo, con Dio.
E questo gli regala una grande verità: sono pieni di luce. E quando scrivono, o vengono intervistati, le loro risposte e riflessioni sono profonde, liberanti, portano pace e, soprattutto, i loro consigli servono realmente. Perché? Perché non hanno smesso di dialogare con il Vivente.
Vogliamo dare un nome a questo dialogo con Dio? E vogliamo imparare a goderne anche noi per poter essere meno superficiali, uomini e donne capaci di consegnarci e di scendere nelle profondità della bellezza della vita?
Questo dialogo con Dio si chiama preghiera.
L’essere umano è stato biologicamente provvisto degli strumenti del dialogo: le corde vocali, le mani, il cervello, il corpo. Ci hai mai pensato che sei nella tua interezza fatto per dialogare, per pregare? Qualcuno dirà: la natura ci ha creati così. Che natura intelligente!, verrebbe da esclamare. Ma è troppo riduttivo chiamarla natura, perché è troppo grande il miracolo che siamo. È Dio che ci ha voluti così!
Scientificamente sappiamo che c’è stato un momento nel quale gli esseri viventi non esistevano, la Creazione non esisteva. Ma c’era Dio. Pertanto il primo a dialogare e quindi a pregare è stato Dio. È uscito dal suo silenzio, dalla sua “solitudine”.
La Creazione, infatti, è preghiera, è dialogo. Nel momento in cui Dio ha creato l’universo, ma soprattutto l’uomo, ha aperto una conversazione. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2560 c’è scritto che Dio ci desidera. La preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete del fatto che noi possiamo avere sete di Lui. Al numero 2561 c’è scritto, ancora, che la nostra preghiera di domanda è paradossalmente una risposta. È Dio che ci cerca per primo, ed è Lui che ci chiede da bere. Quando parliamo con Dio, e quindi preghiamo, in realtà la nostra è una risposta alla preghiera di Dio:
cioè Dio ha desiderio di noi e mette in noi il desiderio di pregare. Quando preghiamo stiamo rispondendo a Dio che ci sta chiamando personalmente!
La preghiera è un’invenzione di Dio come le mani, la voce, il corpo. L’essere umano si ritrova con il desiderio di mangiare, di bere e dormire, ma anche con il desiderio di dialogare, e quindi di pregare.
Ogni uomo almeno una volta nella vita si è chiesto se esiste Dio. È un desiderio innato. Anche quanti si dicono atei almeno una volta hanno riflettuto su Dio. È possibile riflettere su ciò che non esiste? No!
Ogni riflessione è inevitabilmente rivolta a qualcosa che esiste. Riesci a pensare ciò che non esiste? Impossibile! Il cerchio quadrato esiste? No, ma ci rifletto perché parto da due categorie esistenti: il cerchio e il quadrato. Prova anche tu! Riesci a riflettere su qualcosa che non esiste?
Santa Teresina di Gesù bambino diceva che la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il Cielo, è un grido di riconoscenza e di amore nella prova come nella gioia.
Attraverso queste parole vorrei aiutare tutti ad avere un dialogo con Dio. Per andare insieme sul Monte Tabor e stare con Gesù. Assaporare e respirare la sua
divinità e la sua umanità, camminare nella Sua parola e poter assomigliare a Lui.
Non tutti possono andare in Terra Santa sul Tabor che è il luogo dell’incontro con Dio.
Eppure tutti, grandi e piccoli, giovani, anziani ammalati e sani, carcerati, prigionieri, e in qualunque posto del mondo, possono scoprire che c’è un Tabor dentro di noi.
Voglio accompagnarvi a salire il Monte di Dio per stare con Gesù.
È qualcosa di possibile a chiunque, basta chiederlo e basta fidarsi di Lui. Desidero accompagnarvi. Quindi, per qualche giorno, vi scriverò sulla preghiera e nel frattempo vi chiedo di pregare per me.
Scaliamo la montagna. Il Catechismo della Chiesa Cattolica al numero 2559 scrive: “Da dove partiamo pregando? Dall’altezza del nostro orgoglio e della nostra volontà o « dal profondo » (Sal 130,1) di un cuore umile e contrito? È colui che si umilia ad essere esaltato”.
Il superbo e l’orgoglioso non pregano perché bastano a se stessi, ma così facendo distruggono se stessi e gli altri.
Chi è umile non si appoggia sulle proprie forze e certezze, ma su Dio. Prega perché sa che senza Dio non può fare nulla. L’umile sa di non essere Dio, il superbo è convinto, invece, di esserlo.
Ecco perché Dio prega: perché è veramente umile!
Per indicare il luogo dal quale sgorga la preghiera, le scritture parlano tante volte dell’anima o dello spirito, ma più spesso parlano del cuore: nella Parola viene citato più di 1000 volte.
È il cuore che prega. Se esso è lontano da Dio la preghiera è vana. Il cuore non è certo segno di sentimentalismo e di emozione passeggera. Il cuore è la dimora dove io sto.
È il nostro centro nascosto, irraggiungibile dalla ragione e dagli altri: solo lo Spirito di Dio può scrutarlo e conoscerlo.
È il luogo della decisione, che sta nel più profondo delle nostre facoltà psichiche. Il campo della verità, laddove scegliamo la vita o la morte. Lo spazio dell’incontro, poiché, ad immagine di Dio viviamo in relazione: è il luogo dell’alleanza!
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